Per la dolce memoria di quel giorno (nota dell'autore)
Per la dolce memoria di quel giorno
Balletto (1974)
I. Trionfo dell’Amore
II. Trionfo della Pudicizia
III. Trionfo della Morte
IV. Trionfo della Fama
V. Trionfo del Tempo
VI. Trionfo dell’Eternità
L’ambizione enciclopedica del mondo poetico, mitologico, amoroso, politico e mistico dei Trionfi petrarcheschi non è certo cosa facile da trattare oggi. L’idea formale, però, già ripresa dai pittori nel corso dei secoli, ne è l’aspetto più aperto, universale e, forse, attuale: una forma cioè che procede per superamenti successivi e, simbolicamente, a gradini. Per questo, la musica di Per la dolce memoria di quel giorno (è il secondo verso del «Trionfo dell’Amore») si sviluppa come sequenza di situazioni e di episodi diversi e, talvolta, come polifonia di visioni diverse: non vuole dunque illustrare musicalmente il senso dell’affollato mondo dei sei Trionfi petrarcheschi (cosa del resto impossibile e inutile) ma, a grandi linee, solo il profilo. Il senso originario e complesso dei Trionfi sembra dunque tradursi in altra cosa: viene talvolta dilatato, o semplificato, o messo tra parentesi e trasformato; altre volte invece il discorso acquista un carattere epico arrestandosi su una immagine fissa. I sei episodi sono profondamente diversi gli uni dagli altri, anche se fra loro circolano costantemente frammenti e trasformazioni di un cantus firmus tratto da un mottetto isoritmico di Guillaume de Machault (contemporaneo di Petrarca). C’è un filo, tuttavia, che collega dall’esterno un «Trionfo» all’altro, dato da una serie di cinque intermezzi pianistici.
I. Il «Trionfo dell’Amore», preceduto da un breve cerimoniale per flauto, si sviluppa, per ondate successive, come «fiume orchestrale» dove il mi bemolle nibelungico è predominante.
II. Il «Trionfo della Pudicizia» riprende alcuni caratteri armonici dell’episodio precedente, sui quali si innesta però la voce dei danzatori che si scambiano «doni» vocali (una semplice melodia di tre note) e di movimento (su una elaborazione ritmica di Machault). Il discorso musicale si arresta quindi e si ritualizza in un duetto che non è solo fatto di una voce maschile che accarezza e avvolge una impassibile voce femminile, ma anche dell’incontro di due differenti tecniche vocali tradizionali e di due atteggiamenti espressivi completamente diversi e inconciliabili: quelli medio-orientali dell’uomo e quelli orientali della donna.
III. Il «Trionfo della Morte» è trattato come ballata, come canzone da ballare. Dopo una breve melodia dell’uomo, un pianoforte «accompagna». Accompagna il nulla. Accompagna voci interrotte di bambini. L’orchestra poco a poco si insinua, travolge il pianoforte, i frammenti vocali, e prende il sopravvento. Il pianoforte solo conclude simmetricamente, appunto come una ballata, questo terzo «Trionfo».
IV. Il «Trionfo della Fama»: dopo un breve divertimento parlato, sulla superficie movimentata di un’orchestra d’archi amplificata si affacciano brandelli di frasi petrarchesche trattati come graffiti, come titoli di giornale, come echi di recitazioni enfatiche, di letture impacciate, attente, distratte e, nell’insieme, come avanzi di un grande banchetto verbale.
V. Il «Trionfo del Tempo» è un momento di attesa. Non è un discorso ma, piuttosto, un movimento concentrico di elementi semplici (le quinte e le ottave sono gli intervalli privilegiati) affidato al pianoforte, all’organo e al vibrafono.
VI. Dopo un ritorno al flauto solo dell’inizio, il «Trionfo dell’Eternità» contrappone e sovrappone caratteri musicali diversi e storicamente distanti, senza peraltro fonderli. Il suono ha qui un ruolo molto importante, soprattutto per quel che riguarda i criteri di raddoppio strumentale e l’uso organistico dei registri orchestrali nella parte conclusiva.
Commissionato dalla Radiotelevisione Italiana, Per la dolce memoria di quel giorno è anche il risultato di una profonda intesa con Maurice Béjart. Composto nell’aprile 1974 a New York, questo lavoro è dedicato ai miei figli Marina e Stefano.
Luciano Berio
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