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Concerto (nota dell'autore)

Concerto
per due pianoforti e orchestra (1972-1973)

Penso che oggi non abbia molto senso scrivere un concerto tradizionale. Non mi sembra più possibile stabilire un’omogeneità di significato fra uno o più solisti da un lato e una massa di strumenti di differente densità e natura dall’altro, così come avveniva nei concerti barocchi, classici e romantici, quando «individuo» e «massa» potevano dire sostanzialmente la stessa cosa nonostante la grande differenza di densità e caratteri acustici. Oggi la relazione tra solista e orchestra deve essere ogni volta reinventata dal nulla, e il termine concerto può essere usato solo in senso metaforico. Il problema concreto di opporre e comporre densità estreme, tuttavia, mi ha sempre interessato, e l’ho affrontato varie volte in maniere diverse: con Tempi concertati (1958-1959) per flauto, violino, pianoforte e quattro gruppi orchestrali, con Chemins I (1965) per arpa e orchestra, con Chemins III (1968) per viola e orchestra.
In questo Concerto per due pianoforti e orchestra i solisti sviluppano un rapporto molto mobile e diversificato tra di loro e con i solisti dell’orchestra, configurando veri e propri gruppi da camera (pianoforte I e II, flauto e pianoforte I, violino e pianoforte II, clarinetto e pianoforte I, pianoforte II e archi, ecc.); l’orchestra a sua volta interagisce con i solisti, amplificandone le parti in una sorta di trascrizione simultanea. I due solisti si distinguono tra loro per l’uso di diverse tecniche pianistiche e per un diverso rapporto di identificazione con l’orchestra; queste differenze sono regolate da un processo armonico unificatore, rivelato dai due pianoforti soli all’inizio del Concerto, quasi come una mappa consultata prima di un viaggio.
Concerto è stato eseguito per la prima volta nel 1973 da Bruno Canino e Antonio Ballista con la New York Philharmonic Orchestra diretta da Pierre Boulez.

Luciano Berio

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