Giuseppe Di Giugno
RICORDO DI LUCIANO BERIO
Era una sera del novembre del 1974.
Mentre cenavo ricevo una telefonata: «Sono Luciano Berio, vorrei parlare con il Prof. Di Giugno».
Quella telefonata cambiò in modo drastico la mia vita.
In quel periodo insegnavo Fisica presso l’Università di Napoli, svolgendo delle ricerche sulla fisica delle Particelle Elementari presso l’Istituto di Fisica Nucleare a Frascati e al CERN a Ginevra.
Nel tempo libero mi divertivo a costruire “sintetizzatori digitali di suoni” controllati da un computer.
Il giorno dopo quella telefonata Luciano venne a trovarmi presso l’Istituto di Fisica e, ascoltando quello che si poteva fare con un computer, rimase sbalordito.
Mi diede 12 note e mi disse di suonarle e permutarle con varie regole.
Ascoltò immediatamente il risultato e mi disse : «Io per fare la stessa cosa ho impiegato un mese».
Successivamente mi invitò a Roma e mi presentò un progetto di un sintetizzatore di suoni per l’IRCAM (allora in progettazione). A quei tempi lo Studio di Fonologia di Milano possedeva 9 generatori di suoni.
Luciano proponeva la costruzione di una macchina con 1.000 generatori di suono.
Era un’idea visionaria e praticamente irrealizzabile con le tecnologie dell’epoca.
Gli dissi che ci pensavo. Mi invitò per sei mesi all’IRCAM e nel giugno del 1975 avevo realizzato una macchina (4A) capace di produrre 256 suoni diversi in tempo reale.
Luciano utilizzò molto questa macchina, realizzando la sua idea di comporre non addizionando dei suoni, ma – partendo da una grande massa sonora – procedendo col togliere delle frequenze... come si fa con una scultura: non appiccicando tanti pezzetti di marmo insieme, ma togliendo dei pezzi da un grande blocco.
Questa sua idea di far muover grandi masse sonore fu poi utilizzata da moltissimi compositori.
In seguito costruii un’altra macchina (4X), capace di produrre 2.000 suoni contemporaneamente e in tempo reale.
«Tempo reale» significa che se pigio un tasto il suono si sente immediatamente.
Molti compositori preferivano comporre in «tempo differito»: un computer calcolava ossia dei suoni che il compositore aveva programmato, ma il suono veniva fuori, a seconda della complessità, dopo minuti o ore. Mancava la gestualità.
Luciano non compose mai in questo modo, perché diceva la musica si fa col cuore non con il cervello.
Quando assieme realizzammo lo studio a Villa Strozzi, a Firenze, lo chiamammo appunto «Tempo Reale».
Tornati in Italia, ancora un’altra idea rivoluzionaria.
A Luciano non piacevano i suoni stazionari che venivano fuori da un certo numero di altoparlanti.
Voleva che i suoni dei vari strumenti si movessero nello spazio secondo determinate regole dettate dal compositore.
Così realizzai, in collaborazione con l’IRIS a Paliano (Istituto e Ricerca Industria dello Spettacolo), un sistema chiamato «SPAZIALIZZATORE» che permise a Luciano di realizzare le sue ultime opere nei vari teatri del mondo.
La musica elettronica oggi ha invaso tutto il pianeta, ma pochi sanno che molte applicazioni musicali sono il risultato del “visionario” Luciano Berio (con la mia collaborazione tecnologica).
Questo è un buon esempio da citare quando si parla del connubio ARTE-SCIENZA.
Giuseppe Di Giugno
Paliano 22 5 2013.
Luciano Berio, Vito Asta e Peppino Di Giugno all'Ircam, 1978 (Archivio privato G. Di Giugno, per gentile concessione)